Scavi di Ercolano Patrimonio dell’Umanità
Gli scavi di Ercolano, insieme a quelli di Pompei, sono i due siti archeologici che ci permettono di avere un’idea più chiara dell’antico mondo romano. Lo stato di conservazione di questa città è del tutto eccezionale. Girando a piedi per gli Scavi di Ercolano ci si sente immersi nelle strade, nelle domus, nei giardini di un’antica, facoltosa e splendida città dell’antico Impero Romano.
Ercolano è riemersa da oltre 15 metri di colate di fango bollente. Il cataclisma ci ha portato un’istantanea della società e della cultura del 79 d.C.
La città antica, Patrimonio dell’Unesco dal 1997, è stata ritrovata casualmente mentre veniva scavato un pozzo nel 1709. Le indagini archeologiche a Ercolano sono cominciate nel 1738. Diversi reperti rinvenuti nel sito sono conservati nel Museo archeologico nazionale di Napoli, in Campania. Ad Ercolano, oltre al sito antico, è possibile visitare il Museo archeologico virtuale. Famoso per la bellissima rappresentazione che ricostruisce la città com’era prima dell’eruzione del Vesuvio.
Come arrivare ad Ercolano
Ercolano è facilmente raggiungibile da Napoli sia in treno, con la linea Cirumvesuviana, che in auto attraverso l’autostrada A3 Napoli-Salerno, imboccando la prima uscita per Ercolano, dopo Portici. La stazione della Circumvesuviana è a due passi dalla Stazione di Napoli Centrale. È consigliato consultare il sito ufficiale per orari e frequenza dei treni: http://www.oraricircumvesuviana.it/
Per chi si reca ad Ercolano in auto per visitare gli Scavi è consigliato l’utilizzo del parcheggio Herculaneum Parking posto proprio di fianco all’ingresso (coordinate gps 40.80377, 14.34848).
Cosa vedere – Guida agli Scavi di Ercolano
Ercolano è famosa nel mondo per gli Scavi Archeologici che hanno portato alla luce l’antica città abitata dagli Osci prima e meta preferita di villeggiatura di facoltosi cittadini romani fino all’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo. Ma chi arriva in città dovrebbe dedicare del tempo anche al famoso Miglio d’Oro e al Parco Nazionale del Vesuvio.
Dell’antica città di Ercolano oggi sono visibili solo quattro dei venti ettari totali su cui originariamente si estendeva. La parte visibile è stata divisa in diverse “insulae”, di cui solo quattro, la III, la IV, la V e la VI, sono completamente esplorate. Non sono stati invece portati alla luce il Foro, i templi, numerose case e le necropoli.
La città era cinta da mura di modeste dimensioni. L’impianto urbano era ortogonale, come quello classico dell’antica Grecia. Aveva incroci ad angolo retto e decumani paralleli alla costa, cui si incrociavano perpendicolarmente i cardi. Questi ultimi, nei pressi delle mura lungo la spiaggia, avevano ognuno una rampa con porta ad arco che consentiva un diretto accesso al mare.
Le case di Ercolano erano più piccole rispetto a quelle di Pompei. Nel suo ultimo periodo la città era diventata un centro di villeggiatura dei ricchi patrizi romani. Per questo motivo oggi possiamo vedere abitazioni decorate in modo raffinato e sfarzoso. I portici si presentavano con colonne in laterizio. In seguito al terremoto del 62 si diede vita a diverse misure antisismiche. Con queste opere si rinforzarono le facciate, balconi e ballatoi dei palazzi. Altro aspetto differenziante delle case di Ercolano era l’assenza nell’atrio dell’impluvium. Qui l’impianto aveva perso la sua funzione originale perché quasi tutte le case erano dotate di un proprio pozzo. O erano collegate alla rete idrica, entrata in funzione dopo la costruzione dell’acquedotto del Serino.
Itinerario Scavi di Ercolano
La visita agli Scavi di Ercolano richiede almeno una mezza giornata. Per quanto l’area visitabile del sito non sia ampia ed estesa come quella di Pompei, sono numerose le case e gli edifici pubblici e ludici da visitare.
D’estate, soprattutto nel mese di Agosto, è possibile visitare il sito durante eventi serali. Questi appuntamenti sono l’ideale per sfuggire alla calura estiva ma anche per ammirare questo sito speciale sotto una luce unica. Sul sito degli Scavi è possibile recuperare maggiori informazioni su questa e altre iniziative.
Dall’ingresso si raggiunge il Cardo Terzo Inferiore da cui si inizia la visita.
La mappa al sito è disponibile in formato digitale al link ufficiale.
Cardo Terzo Inferiore
Dall’ingresso si raggiunge il Cardo Terzo Inferiore dove sulla sinistra si trovano la casa di Aristide e la casa di Argo che di fronte ha la casa dell’Albergo. Si tratta di costruzioni che anticamente sorgevano in prossimità della spiaggia.
La casa di Aristide, chiamata così perché al suo interno venne rinvenuta una statua erroneamente associata ad Aristide, fu costruita in opus reticulatum, ossia grazie a pietra di forma piramidale e base quadrata, disposte con la base in vista e la punta avvolta dal cementizio. La disposizione dava vita ad un reticolo diagonale irregolare sulla superficie della parete.
La Casa d’Argo, subito adiacente, non è ancora stata completamente esplorata. Il nome è legato ad un affresco ormai scomparso che raffigurava per l’appunto Argo che sorveglia Io. Ha il peristilio, cortile circondato da porticati, con colonne rivestite in stucco. Da qui si accede al triclinio, la sala da pranzo con i letti, e altri piccoli ambienti e ad un altro peristilio più piccolo. Il piano superiore è andato del tutto perduto. Qui duranti gli scavi vennero trovati vari generi alimentari come farina, pane, legumi, mandorle e olive.
La casa dell’Albergo è la più grande di Ercolano. Non era un vero albergo ma fu scambiata per tale alla luce delle dimensioni uniche. Sorgeva, infatti, su una superficie di duemila metri quadrati, in posizione panoramica sul mare. Possedeva un quartiere termale, con decorazioni a mosaico e affreschi in secondo stile nella zona del calidarium. La pavimentazione a mosaico era presente anche nel peristilio, il cortile circondato da porticati, e negli ambienti circostanti.
Continuando sulla sinistra si raggiunge la casa del Genio, che ha subito di fronte la casa dello Scheletro e di fianco un Thermopolium, il bar dell’antica Grecia e Roma.
La casa del Genio deve il suo nome al ritrovamento in loco di una statuetta del Genio tutelare, parte di un candelabro in marmo. In realtà la casa è ancora in buona sepolta e vi si accede solo da quello che era l’ingresso posteriore. Bello il peristilio, il cortile circondato da porticati, con al centro la fontana in marmo ed il pavimento misto in cocciopesto e mosaico.
Il nome della casa dello Scheletro è legato al ritrovamento al suo interno di uno scheletro. L’edificio è in realtà il risultato dell’unione di tre abitazioni. Seppure il luogo sia stato spogliato degli oggetti più belli durante i primi scavi, presenta ancora un bel ninfeo in cui viene riprodotta una grotta rivestita in finto opus quadratum, realizzato quindi con la sovrapposizione di blocchi squadrati di altezza uniforme messi in opera in filari omogenei. Le tessere sono rosse e azzurre e presenta alcuni affreschi nei fregi. Il cortile racchiude invece un larario rivestito da mosaici. Fanno sempre effetto gli affreschi presenti in questi luoghi che hanno resistito all’impatto della colata lavica. Questi in particolare sono in terzo stile.
Cardo Terzo Superiore
Continuando dritto si raggiungono sulla destra le Terme Maschili, la casa dei Due Atri, la casa del Colonnato, la sede degli Augustali ed il Sacello.
Le Terme Maschili che confinano con quelle Femminili, il cui ingresso è sul Cardo Quarto Superiore, ospitano diversi mosaici. Il più grande è quello del Tritone, copia meno bella dell’opera presente nel reparto femminile. Nell’edificio ci sono anche diverse pitture su fondo rosso che presentano raffigurazioni di vasi e candelabri. Sia le Terme Maschili che quelle Femminili erano attrezzate con piscine collegate alla complessa rete idrica di Ercolano. In particolare, questi edifici erano dotati di una ruota idraulica che gli consentiva di recuperare l’acqua necessaria al funzionamento degli impianti.
La casa dei due Atri è facilmente riconoscibile dalle maschere in terracotta che decorano i muri esterni. Ha un atrio in tetrastilio, ossia con quattro colonne, e l’altro in impluvium, la vasca quadrangolare a fondo piatto progettata per raccogliere l’acqua piovana presente al centro della casa. Ai fianchi dell’impluvium c’erano due bocche che portavano l’acqua in eccesso alla cisterna. La casa aveva un piano superiore, oggi solo parzialmente visibile. È decorata da diversi dipinti di nature morte, in quarto stile. In cucina è ancora visibile il forno.
La casa del Colonnato Tuscanico venne edificata nel secondo secolo avanti Cristo e vide un successivo ampliamento in età augustea. Nell’edificio ci sono gli affreschi meglio conservati dell’antica Ercolano.
Il Collegio degli Augustali venne costruito tra il 27 e il 14 avanti Cristo. L’edificio ha pianta quadrata. Al pian terreno ha pareti ad archi ciechi, quattro colonne centrali e pavimento in cocciopesto. Il piano superiore era in opus spicatum, ossia fatto con mattoni rettangolari disposti di taglio a spina di pesce. Gli affreschi sono in quarto stile. Tra tutti valgono una menzione speciale la raffigurazione di Ercole nell’Olimpo con Giove, Giunone oltre a Minerva ed Ercole con Acheloo. Qui sono state ritrovate numerose statue raffiguranti ad esempio Augusto nei panni di Giove con un fulmine tra le mani. All’interno dell’edificio venne trovato anche lo scheletro del custode disteso sul letto.
Decumano Massimo
All’incrocio con il Decumano Massimo c’è un piccolo Sacello di forma rettangolare con un podio sul muro di fondo.
Proseguendo sul Decumano Massimo, sulla destra si trova la Bottega ad Cucumas che si ritiene fosse una taverna. il nome è legato alle quattro brocche disegnate come insegna sul pilastro dell’ingresso. Sempre all’ingresso erano disegnati i tipi ed i prezzi delle bevande servite, oltre alla raffigurazione dell’antica divinità romana protettrice dei giuramenti, Semo Sancus.
Cardo Quarto Superiore
All’angolo tra il Decumano Massimo ed il Cardo Quarto Superiore si trovava invece la bottega del Plumbarius, ossia dell’idraulico con resti di tubazioni, un candelabro e diversi lingotti in bronzo.
Scendendo verso il mare si trovano sulla destra la casa del Salone Nero e le Terme Femminili. Mentre sulla destra ci sono la casa del Bel Cortile e la casa di Nettuno e Afrodite. Sempre sulla destra, all’incrocio con il Decumano Inferiore è, invece, presente la casa Sannitica.
La casa del Salone Nero apparteneva al liberto Lucius Venidius Ennychus. La casa conserva ancora gli stipiti, l’architrave e una parte del portone in legno carbonizzati. Ma deve il suo nome all’ambiente sul fondo del peristilio, il cortile circondato da porticati, decorato in colore nero, in quarto stile. Il pavimentato è a mosaico di colore bianco. Qui è anche conservato un sacello, una piccola area recintata, in legno cinta da diversi capitelli in marmo di ordine corinzio.
La casa del Bel Cortile fu ristrutturata in epoca claudia, quando alcuni ambienti furono ripavimentati a mosaico e affrescati con pitture in terzo stile. Bello è il caratteristico cortile mosaicato con scala e ballatoio in muratura.
La casa di Nettuno e Anfitrite deve il suo nome al tablino, l’ambiente tra l’atrio ed il giardino, ricco di decorazione che presenta alla parete un mosaico in pasta vitrea raffigurante appunto Nettuno e Anfitrite. Ma questa casa è particolarmente importante perché qui sono state ritrovate due lastre in marmo dipinte con la tecnica dei monocromi in rosso dipendete da Alessandro di Atene. Si tratta dello stesso autore che dipinse il famoso quadretto delle Giocatrici di astragali conservato al Museo archeologico nazionale di Napoli. La bottega della casa era stata adibita a taverna. Qui vennero trovati dolii, contenitori di terracotta di forma sferica, con fave e ceci. Venne ritrovato anche l’arredamento in legno carbonizzato e diverse suppellettili come fornello e scaffali.
Le Terme Femminili riprendono la struttura, l’architettura e l’ingegneria idraulica di quelle maschili. Ma conservano mosaici più belli. Tra questi quello in bianco e nero del corridoio che raffigura Tritone e quello a disegni geometrici, foglie d’edera e tridenti del tepidarium.
La Casa Sannitica risale al II secolo avanti Cristo anche se fu poi notevolmente ridotta durante il I secolo avanti Cristo. L’atrio ha colonne con capitelli in stile corinzio, decorazioni sulle pareti in primo stile, un bel soffitto a cassettoni con affreschi in secondo stile e impluvium rivestito in marmo. Il piano superiore della casa è raggiungibile tramite due scale. La pavimentazione del tablino è in mosaico a forma di rombi disposti intorno a una piastrella di rame. In un cubicolo è stato poi ritrovato l’affresco raffigurante il ratto di Europa su un fondo verde.
Cardo Quarto Inferiore
Oltrepassando il Decumano Inferiore si trovano sulla destra la Bottega del Lanarius e le case a Graticcio e dell’Erma di Bronzo. Mentre sulla destra ci sono la casa del Tramezzo di Legno, la casa dell’Alcova e la casa dell’Atrio a Mosaico.
La Bottega del Lanarius è importante per il ritrovamento della pressa a vite lignea che veniva utilizzata per stirare i panni. A seguire la casa a Graticcio, plurifamiliare, fu edificata in opus craticium, una tecnica usata per risparmiare grazie ad una muratura leggera costituita da un telaio portante di legno poggiato su uno zoccolo in muratura riempito da argilla. Le sezioni erano invece in opus incertum. In questo caso venivano usate pietre di forma irregolare con faccia in vista più o meno piana legate fra loro con la malta. Sull’esterno dell’edificio c’è un balcone sorretto da tre colonne in laterizio. All’interno le decorazioni sono con affreschi in quarto stile. Qui furono ritrovati pezzi di letti e armadi carbonizzati. Oltre a vasi in vetro, statuette di Lari, lucerne e una collana.
Subito adiacente la casa dell’Erma di Bronzo, una piccola abitazione con pavimento in cocciopesto, decorazioni in terzo stile e impluvium in tufo. Il nome è legato al ritrovamento di un’erma in bronzo, ossia di un pilastro rettangolare sormontato da una testa umana barbata, munito di due brevi appendici laterali, simili a monconi di braccia ed organi genitali virili.
Subito di fronte si trova la casa del Tramezzo di Legno che deve il suo nome alla porta di legno pieghevole trovata sul posto. La porta presentava battenti sagomati e sostegni in bronzo, per reggere le lucerne. Divideva l’atrio dal tablino, l’ambiente posto fra l’atrio ed il giardino. La casa fu edificata prima della conquista romana e restaurata in età giulio-claudia. Gli affreschi sono in terzo stile. In quello del giardino ci sono la raffigurazione di una fontana, contornata da un’anatra, un airone, un serpente e una testa di bue.
Subito adiacente si trova la casa dell’Atrio a Mosaico costruita in posizione panoramica, sfruttando le antiche mura urbane per il terrazzamento che degrada verso il mare. Molto particolare la pavimentazione a mosaico dell’ingresso a forme geometriche, quella del vestibolo, l’antico ingresso, che si ispira al soffitto a cassettoni e quella dell’atrio a scacchiera. Il tablino, l’ambiente tra l’atrio ed il giardino, è diviso in tre navate con i pilastri rivestiti in stucco e pavimento in marmo in opus sectile, ossia con lastre di diversi marmi colorati posate in modo da formare disegni geometrici. Il giardino è contornato da un triportico finestrato, con diversi affreschi, tra cui il supplizio di Dirce e Diana e Atteone. Al centro c’è una fontana in marmo alimentata da un serbatoio posto sul solaio dell’ingresso.
Continuando sulla strada si raggiunge l’Area Sacra. Sorge sopra il settore occidentale della Terrazza Meridionale ed è sorretta da possenti strutture a volta. Si apre su vari ambienti e due templi affiancati, dedicati rispettivamente a Venere e a quattro divinità. Qui furono rinvenuti due affreschi di soggetto mitologico, due statue femminili togate senza testa e un’ara marmorea, la base di appoggio destinata all’oggetto del sacrificio agli dei per mezzo del fuoco, dedicata a Venere da una liberta della famiglia dei Marii. Nell’area sono state rinvenute anche numerose terrecotte architettoniche, elementi con cui si rivestiva l’orditura di legno, la struttura portante, che sorreggeva i tetti dei templi.
Decumano Inferiore
Tornando sul Decumano Inferiore si gira a destra e si incrociano sulla sinistra la casa del Gran Portale e subito di fronte la Taberna Vasaria e la Grande Taberna.
La casa del Gran Portale ha un portale d’ingresso, realizzato dopo il terremoto del 62, con semicolonne e capitelli in tufo, decorati con Vittorie alate e cornicione a mensola in laterizio. Internamente è a pianta irregolare con peristilio, il cortile circondato da porticati, a colonne in tufo scanalate. Nel triclinio, la sala da pranzo con i letti, c’è la raffigurazione di un satiro che osserva Arianna e Dioniso nudo, un’esedra munito di sedili, il soggiorno aperto verso l’esterno, affrescata in giallo con riproduzioni di uccelli e amorini e una diaeta a fondo azzurro decorata con affreschi di trofei, maschere e armi. Le decorazioni sono tutte in quarto stile. Qui trovarono tre anfore che contenevano ceci, farina e riso.
Di fronte la Taberna Vasaria non aveva un bancone per la vendita e conservava numerose anfore anche greche di colore nero. Adiacente c’è la Grande Taberna con il banco rivestito in marmo e dietro un tramezzo l’affresco di una nave.
All’incrocio con il Cardo Quinto si trova la Palestra. L’edificio è stato scavato per due terzi. Lungo il lato che percorre il Cardo Quinto ci sono una serie di botteghe sovrastate da piccole abitazioni che venivano date in affitto. L’ingresso era decorato con due colonne solo parzialmente visibili. La volta era affrescata a cielo stellato. Internamente c’è un triportico corinzio con al centro una vasta area alberata con la piscina adornata dalla fontana in bronzo a forma di Idra. Accanto c’è una vasca rettangolare, con anfore sulle pareti in cui venivano deposte le uova, che veniva utilizzato come vivaio. Nella sala centrale della palestra è stato ritrovato un tavolo in marmo. Le sale laterali presentano affreschi in terzo stile. Durante gli scavi, all’interno della palestra furono ritrovate numerose statue di divinità egizie. Si ritiene che la collocazione originaria di queste statue fosse il vicino Tempio di Iside, ancora sepolto sotto la lava.
Cardo Quinto Superiore
Subito adiacente la Palestra, tenendo l’ingresso sulla propria destra, si arriva al Pistrinum, il panificio. La bottega apparteneva a Sex Patulcius Felix, come si evince da un anello-sigillo qui rinvenuto. La caratteristica dell’edificio sono i due falli contro il malocchio situati nei pressi dell’ingresso. Molto importante anche il ritrovamento delle venticinque teglie in bronzo usate per infornare la focaccia, qui anche detta placentae.
Di fronte si trovano la casa con Giardino e la casa con l’Atrio Corinzio. La prima è piuttosto piccola e priva di elementi decorativi. Deve la sua importanza al suo œcus, soggiorno per i ricevimenti, in cui sono presenti decorazioni in secondo stile di paesaggi nilotici e un grosso giardino. La casa dell’Atrio Corinzio ha un atrio con sei colonne in tufo e all’interno dell’Impluvium presenta una fontana in marmo decorata a mosaico. In diversi ambienti della casa ci sono affreschi in quarto stile. Particolare è la decorazione a colonne in laterizio del vestibolo, l’ingresso della casa romana.
Cardo Quinto Inferiore
Tornando verso il mare, subito dopo aver attraversato il Decumano Inferiore e adiacente alla Grande Taberna c’è la Taberna di Priapo. L’edificio prende il suo nome dall’affresco di Priapo sul bancone. Qui venne ritrovato un dolio, un contenitore di terracotta di forma sferica, con all’interno delle noci.
Proseguendo sulla sinistra si trova la casa del Rilievo di Telefo, costruita in età augustea. La casa fu completamente restaurata a seguito del terremoto del 62. Le colonne dell’atrio sorreggono gli ambienti del piano superiore. L’œcus, soggiorno per i ricevimenti, è interamente rivestito in marmo e con vista sul mare. Qui furono ritrovate numerose statue di scuola neoattica tra cui quella del mito di Telefo di cui oggi è possibile osservare il calco sul posto.
Subito di fronte c’è la casa dei Cervi. Il nome deriva dal ritrovamento, nel giardino, di una statua raffigurante due cervi sbranati da cani oltre alla statua di un satiro con otre. È stato possibile definire che il proprietario fosse Celer, un liberto, grazie al bollo ritrovato su un pezzo di pane carbonizzato. La casa ha una zona di rappresentanza, una zona per i servi e un ampio corridoio. Qui furono rinvenuti sessanta quadretti raffiguranti amorini, nature morte e divinità. Alcuni è possibile vederli nella loro posizione originaria. Altri sono conservati al Museo archeologico nazionale di Napoli.
Continuando sulla strada si oltrepassano le mura cittadine e si scende verso la Terrazza di Marco Nonio Balbo e le Terme Suburbane. Marco Nonio Balbo era un benefattore della città, nonché uno dei cittadini più illustri dell’antica Ercolano. Gli vennero dedicate oltre dieci statue. Il suo altare funerario è rivolto verso il mare e su una base in marmo era una statua raffigurante Balbo vestito da una corazza.
Le Terme Suburbane, cui si accedeva dalla Terrazza, sono quindi situate al di fuori delle mura cittadine, nei pressi di Porta Marina. Erano frequentate indistintamente sia da uomini che da donne che condividevano gli stessi ambienti. Avevano ampie finestre lungo i muri perimetrali e lucernari sul tetto. Difficilmente visitabili, avevano una stanza per il controllo dei bagnanti subito dopo l’ingresso. All’interno dell’edificio vennero ritrovati numerosi graffiti, alcuni anche di tipo erotico. Nell’atrio del bagno si conserva un’erma marmorea, ossia un pilastro rettangolare, con su la raffigurazione di Apollo. Nella sala d’attesa o sala per i massaggi sono rimasti intatti gli stucchi raffiguranti guerrieri nudi. Il calidarium conserva il battente della porta in legno. Il tepidarium è quasi interamente occupato dalla piscina. Il laconicum, la stanza in cui veniva aumentata la temperatura tramite il riscaldamento del pavimento, è decorato con un mosaico pavimentale, raffigurante un cratere con tralci di edera.
Scendendo verso l’antica linea di costa si raggiungono i Fornici, le arcate che sostengono le terrazze delle Terme Suburbane e dell’Area Sacra e utilizzate per la manutenzione e il ricovero delle imbarcazioni. Prima della scoperta di questi ambienti si riteneva che la popolazione della città, risparmiata in un primo momento dalla furia eruttiva, fosse riuscita a mettersi in salvo visto lo scarso numero di scheletri trovati nella cerchia urbana. Qui invece furono trovati i resti, gli scheletri, di oltre trecento persone. Questo ritrovamento portò gli archeologi alla conclusione che la maggior parte della popolazione di Ercolano avesse cercato la fuga via mare, sostando sulla spiaggia durante la notte, dove venne sorpresa dalle colate piroclastiche.